“La stabilizzazione non può passare solo dai concorsi” – Docenti storici a rischio: “Così si distruggono famiglie e scuole”

Migliaia di insegnanti con anni di servizio alle spalle stanno perdendo il lavoro. “Siamo noi che abbiamo tenuto in piedi la scuola per oltre un decennio. Ora veniamo esclusi da un sistema che non riconosce la nostra esperienza.”

Mentre il governo parla di “politiche per la famiglia” e di “opportunità per i giovani”, nella realtà quotidiana delle scuole italiane si consuma una crisi silenziosa ma profonda.
Migliaia di docenti precari, che da anni garantiscono la continuità didattica e suppliscono alle carenze di organico, stanno perdendo il lavoro.

Sono insegnanti che hanno formato generazioni di studenti, spesso spostandosi di città in città, lavorando in condizioni difficili ma con passione e professionalità.
Molti di loro, padri e madri di famiglia, si trovano oggi senza alcuna certezza occupazionale. “Abbiamo servito la scuola pubblica per anni – denunciano – ma ora veniamo esclusi da un sistema di reclutamento che ignora l’esperienza maturata sul campo. È questa la politica per la famiglia di cui parla il governo? Togliere il lavoro a chi ha sostenuto i propri figli grazie a uno stipendio precario?”

I concorsi ordinari, così come strutturati oggi, non rappresentano una soluzione al precariato: al contrario, rischiano di penalizzare chi ha già dimostrato di saper insegnare. Le prove nozionistiche non misurano la qualità dell’insegnamento, né il valore umano e professionale accumulato in anni di servizio.

Secondo molti docenti, la vera riforma dovrebbe basarsi sul riconoscimento degli anni di servizio e sull’utilizzo delle graduatorie GPS (Graduatorie Provinciali per le Supplenze), già in possesso del Ministero.
“Basterebbe scorrere le graduatorie – spiegano – e procedere con immissioni in ruolo e un anno di prova con valore abilitante. Un percorso trasparente, meritocratico e rispettoso di chi lavora nella scuola da tempo.”

Stabilizzare i precari storici non significa favorire qualcuno, ma ristabilire equità e riconoscere il contributo di chi ha tenuto in piedi la scuola pubblica per decenni.
Inoltre, si tratta di una misura di sostegno concreto alle famiglie e ai giovani: perché se un genitore perde il lavoro, si spezza un equilibrio, si indebolisce la comunità scolastica e ne risentono anche gli studenti.

“Una politica per la famiglia e per i giovani deve partire da qui – conclude la nota – dal garantire sicurezza a chi la scuola la vive e la fa funzionare ogni giorno. Perché quando un insegnante perde il lavoro, non perde solo lui: crolla un pezzo della scuola italiana.”

A cura dei docenti precari della scuola pubblica italiana
Ass. PNP