LA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE IN ITALIA: IL PEGGIOR SPRECO DEL NOSTRO PAESE

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LA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE IN ITALIA: IL PEGGIOR SPRECO DEL NOSTRO PAESE
Le porte sono chiuse, tappate, per ragazzi e ragazze che dovrebbero rappresentare il nostro principale investimento e invece stiamo spingendo, passo dopo passo, sulla strada di una vita senza approdi e senza certezze. Uno spreco assoluto di risorse umane, di energie fresche, di voglia di modernità. E di futuro da sognare e da costruire.
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L’Italia crolla in tutte le classifiche
E i giovani sono diventati gli Ultimi
26 febbraio 2016
Ultimi è l’ultimo libro di Antonio Galdo, giornalista d’inchiesta e scrittore attualmente editorialista de Il Mattino e Il Messaggero. Si tratta di un’opera che intrecciando dati Istat, ricerche indipendenti, dati di settore e studi di agenzie internazionali ha fotografato l’Italia, appunto, degli “ultimi”, di coloro che per il momento continuano ad essere ignorati dalle riforme e dalle politiche governative. Non vuole essere, specifica Galdo, l’ennesimo j’accuse alla classe dirigente e politica, ma semplicemente un focus su dove e quanto ancora sia necessario intervenire il prima possibile. Coinvolte varie parti sociali, ma a destare maggiormente preoccupazione sono, nemmeno a dirlo, i più giovani.
Famiglia e istruzione.
Il primo tema trattato da Galdo riguarda l’infanzia e l’elevato tasso di povertà che ancora coinvolge i bambini in questa fascia d’età: secondo gli ultimi dati dell’Unicef, infatti, un milione e mezzo di minori in Italia vive in condizioni di povertà assoluta, e il fatto che si tratti di una cifra letteralmente raddoppiata rispetto al 2011 (quando erano 723 mila) rappresenta un ulteriore campanello d’allarme. Persino Slovenia, Repubblica Ceca e Ungheria ci hanno superati negli ultimi anni. Una delle probabili cause di questa tendenza all’impoverimento è senz’altro il netto taglio dei sussidi statali alle famiglie: nel 2009 era previsto un budget di circa 2 miliardi e mezzo di euro, oggi è meno di un terzo. Numeri in netta controtendenza rispetto agli altri Paesi avanzati europei: in Gran Bretagna e Germania, per esempio, il tasso di povertà dei minori è diminuito negli ultimi anni rispettivamente del 24 e del 17 percento.
Deficit educativo.
Oltre che economico, la gioventù italiana soffre di un deficit anche educativo: per quanto riguarda le scuole materne, solo il 13,5 percento degli infanti dagli 0 ai 2 anni gode di un’adeguata copertura territoriale, a fronte delle richieste europee di raggiungere almeno il 33 percento, con peraltro un clamoroso squilibrio fra Regioni: la media dell’Emilia Romagna, per dire, è del 26 percento, quella della Calabria del 2,5. Anche salendo nei gradi scolastici la situazione si mantiene cupa: l’Ocse ha stabilito che gli studenti italiani con un’età compresa fra i 15 e i 16 anni sono in fondo alla classifica che ha preso in considerazione 65 Paesi di tutto il mondo, specie per quanto riguarda la preparazione in matematica, letteratura e scienze. Sotto di noi ci sono solo Perù, Costa Rica, Cile e Colombia. Sempre in ambito scolastico, ma dall’altra parte della barricata, gli insegnanti italiani sono quelli che guadagnano meno in tutta Europa: al massimo della propria carriera, cioè alla fine, riescono a guadagnare 39 mila euro lordi, mentre in Inghilterra, Germania, Francia o Spagna gli stipendi si aggirano intorno ai 45 mila euro già dopo pochi anni, se l’insegnante è meritevole. L’età media dei nostri professori, peraltro, è fra le più elevate: 50 anni.
Lavoro, turismo, ricerca…
Come non citare poi gli ormai celebri “neet”, i giovani fra i 16 e i 30 che non studiano, non hanno lavoro, e nemmeno lo cercano? Sono oltre 3 milioni in Italia, peggio di noi solo Grecia e Bulgaria. Un mondo del lavoro di difficile accesso e, soprattutto, che non tiene in minima considerazione il settore della ricerca: negli ultimi giorni fioccano su molti giornali storie di dottorandi che abbandonano l’Italia in cerca di prospettive migliori, il più delle volte trovandole. Un fatto che porta la media dei ricercatori italiani a 3,4 su mille, due in meno della maggior parte dei Paesi europei; e si sa come dove non c’è ricerca difficilmente può esserci futuro. Un vero peccato, visto il grande talento che siamo costretti a veder fuggire all’estero. Ma, d’altra parte, non è solo in ambito universitario che l’Italia fatica e non poco a valorizzare il meglio che possiede: pochi Stati al mondo possono vantare una bellezza territoriale e artistica come il nostro, eppure siamo 18esimo posto per attrattiva turistica (nel 2005 eravamo al primo). E poi i due grandi temi, evasione e giustizia: rispetto al primo, ad un aumento della pressione fiscale (2 punti in 4 anni) è corrisposto un aumento dell’evasione. Prendiamo l’Iva: dei 167 miliardi evasi ogni anno in Europa, quasi il 30 percento (47,5 miliardi di euro) è in Italia. E siamo 141esimi al mondo per chiarezza fiscale. Rispetto invece alla giustizia, deteniamo il poco invidiabile record europeo di processi pendenti, 1,5 milioni penali e 4 milioni civili. Secondo il Consiglio d’Europa, la giustizia italiana, per efficienza, qualità e indipendenza, è la peggiore. Per risolvere una lite commerciale, secondo la Banca Mondiale, servono 1.185 giorni, tre volte la media europea.


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